mercoledì 23 luglio 2014

NOI SIAMO LA NOSTRA STORIA

E poi che la sua mano a la mia puose,
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose
Forse questo titolo ti fa pensare alla storia in senso scolastico, a date, a battaglie, ad avvenimenti in genere. Nel nostro pensiero questa è una delle tante storie anzi, forse, è la storia con la “S” maiuscola, quella che di solito scrivono i vincitori riportata nei libri che studiamo a scuola. Fondamentale certo per capire la cornice del tempo in cui viviamo, certo, chi siamo e dove siamo collocati. Questa storia è la nostra memoria, ma non è la sola. Caro lettore, hai mai riflettuto sul fatto che anche tu, come ogni essere umano, hai una storia di cui sei parte, fatta di luoghi, immagini, ricordi, persone e sentimenti?
Ma quando, ma come nascono la tua, la mia, le nostre storie personali?
La nostra storia comincia nel momento in cui diventiamo un progetto nella mente di qualcuno: da lì parte il tutto, la ricerca della nostra presenza o il prendere atto che già ci siamo senza essere stati così coscientemente pensati. Questo è già parte di noi, del modo in cui le persone pensano a noi prima ancora della nostra presenza fisica nel mondo.
E come?
Questo è il nostro primo bivio, quello che dà una prima direzione alla nostra esistenza: possiamo essere il figlio desiderato dopo tanti anni, l’ultimo figlio di una famiglia numerosa, possiamo essere il maschio - la femmina che tutti aspettavano o meno, possiamo essere sani o avere un problema fisico, possiamo essere una sorpresa fatta di meraviglia, stupore, ma anche di dolore e sofferenza.
Venire a conoscenza del come siamo stati pensati corrisponde già ad un primo passo in una delle innumerevoli possibili direzioni della nostra storia.
Chi scrive la nostra storia?
All’inizio della nostra esistenza, lo dicevamo poco fa, ciascuno di noi a seconda della sua sensibilità può collocare il caso, o la natura, o una volontà divina (qualunque nome noi le diamo), o altro ancora. Noi pensiamo che sia come lo scrittore che intinge la penna nell’inchiostro e traccia il primo segno.
Ma chi dà un senso a ciò che è stato scritto e continua a tracciare altri segni?
Certo è molto semplice pensare che sia lo stesso scrittore iniziale a proseguire il proprio lavoro e che quindi tutto dipenda da lui, senza volontarie interferenze da parte di nessuno. Ma allora, caro lettore, se è tutto già immutabilmente predeterminato, che ce ne facciamo della mia e della tua volontà, della nostra capacità di decisione, del nostro libero arbitrio? Sono solo pallide illusioni o esistono veramente?
Noi crediamo che esistano e che siano fondamentali. Hermann Hesse scrisse: “Il destino non viene… da una sola direzione, ma cresce dentro di noi”. E qui che il nostro libero arbitrio, la nostra capacità di scelta, il nostro muoverci nel mondo acquistano significato. Dopo quel primo segno tracciato, siamo noi che dobbiamo prendere in mano la penna e continuare a scrivere la nostra storia, responsabilmente, consapevoli anche degli inevitabili errori che sicuramente sono parte del nostro cammino.
Che senso ha nella nostra vita conoscere la nostra storia?
Riflettere sulla nostra storia, ci aiuta a darle un significato, una direzione, a sapere chi siamo e dove vogliamo andare, a diventare non solo attori di una parte pensata da altri, ma scrittori, registi e protagonisti della nostra esistenza, diventando autentici artefici del nostro destino.
È veramente triste interpretare come semplici “attori” una vita scritta da altri: è vero, ci solleva da tante responsabilità, ma ci lascia uomini internamente piccoli. Il fatto, caro lettore, è che se anche tutto ciò richiede fatica e impegno è tuttavia la sola, proprio l'unica chiave per aprire la porta a un vivere pieno di significati.
Siamo parte della nostra storia o è lei che è parte di noi?
La domanda è pretestuosa: in realtà solo l’integrazione di queste due parti ci aiuta ad aprire quella porta, solo il loro completarsi, il loro fondersi diventando un tutto ci permette di crescere e vivere come esseri umani veramente completi. Noi pensiamo che proprio questa sia la vera responsabilità di ognuno di noi: il cercare il senso, il chiedersi il perché e non accontentarsi di risposte facili e già preconfezionate da altri. Vivere la nostra storia è esserci al completo con la mente, con il cuore e con l’anima.
Forse aveva avuto la giusta intuizione Oliver Wendell Holmes quando affermò che … “La vita è come dipingere un quadro, non come tirare una somma!”.



Giuseppe Cappuccio, Elena Iorio

mercoledì 9 luglio 2014

PERSONA E CORPO

E poi che la sua mano a la mia puose,
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose
Caro lettore, oggi ci ritroviamo per riflettere su un argomento molto importante: il corpo, che in primo luogo è sempre il nostro corpo. Che cosa rappresenta per noi il corpo? Non è soltanto un oggetto tramite il quale abitiamo questo mondo, ma è la parte di noi che collega la nostra psiche al mondo stesso. Purtroppo nelle società occidentali siamo soliti suddividere nettamente la mente dal corpo come fossero due aspetti distinti e non piuttosto modalità diverse con cui la stessa realtà si manifesta. Questa tendenza trova origini antiche sin dalla filosofia cartesiana, è profondamente radicata nella nostra società, ma questa separazione non trova alcun riscontro nella nostra realtà vissuta.

Lettore caro, pensa per esempio a quando stai vivendo un’emozione, a quando sei felice oppure arrabbiato. L’emozione è un profondo movimento psichico che produce cambiamenti corporei evidenti, per esempio l’aumento del battito cardiaco, della sudorazione e del rossore in viso. Questi cambiamenti corporei trovano origine nella psiche e quindi non riescono più di tanto a essere controllati. Ti è mai capitato di parlare in pubblico o di fronte a un gruppo di persone? Pur riuscendo a controllare il messaggio da trasmettere non riuscirai a impedire più di tanto che le tue emozioni si manifestino nel corpo. Il corpo è quindi il luogo di quel sentire che tutti i giorni sperimenti nelle situazioni di vita più disparate.

Prestando più attenzione ai messaggi del corpo, possiamo essere più consapevoli del rapporto che abbiamo con esso. Nella quotidianità parliamo spesso del corpo, ma siamo ossessionati dai modelli di bellezza corporea che ci vengono propinati dalla televisione e dalle riviste patinate. L’esagerata attenzione al corpo ci porta addirittura a modificarlo utilizzando strumenti offerti dal mercato e volti a rimuoverne i difetti, creme dell’eterna giovinezza, abbronzature artificiali e interventi estetici. Ma cambiare il corpo per conferirgli un’immagine migliore non è sufficiente a raggiungere il benessere: molto spesso alcune di queste pratiche risultano deludenti. Il bisturi della chirurgia estetica non scaccia le nostre preoccupazioni circa i difetti corporei e non rappresenta la chiave della felicità, anche perché i cosiddetti difetti corporei, tranne alcuni casi di per sé evidenti, non sono difetti del corpo, ma sono il modo in cui ci accorgiamo che non ci accettiamo come Persone. E allora il punto non è spegnere il campanello d'allarme del difetto corporeo con il bisturi, bensì imparare ad accettarci nella nostra totalità, imparare ad accettarci come un dono prezioso così come siamo.

Caro lettore, ma perché modificare il tuo corpo che è unico e prezioso come sei unico e prezioso tu? Il tuo corpo si riveste ogni giorno di nuovi significati, a partire dalla nascita, quando gli adulti che ti attorniavano erano soliti ricercare le somiglianze con i genitori e con i parenti. Il nascituro è un essere unico, ma quanto già portatore di somiglianze! Nella crescita il corpo cambierà, eccome: ci saranno sicuramente cambiamenti dolorosi, altri ti porteranno serenità, altri ancora avranno entrambi i risvolti. Nel continuo cambiamento del tuo corpo potrai seguire il cambiamento della tua anima, pur continuando tu sempre a sentirti te stesso. Per questo è importante che tu sappia gioire della tua crescita e anche del tuo invecchiamento poiché le tue rughe e i tuoi capelli bianchi sono portatori dell’esperienza che hai maturato negli anni come Persona che è vissuta in questo mondo.

Il corpo ci parla, e le sue parole sono utili per comprendere che qualcosa non sta andando per il verso giusto, per questo è importante non ignorarle. Spesso il dolore corporeo, a meno che non si imponga da solo, è sottovalutato, abbiamo tanto da fare, gli impegni quotidiani, la famiglia, il lavoro, lo studio... Se stiamo bene poi viviamo con la convinzione, più o meno consapevole, che certe malattie capitino soltanto agli altri, a noi non capiteranno mai! E quando invece ci capitano – perché ci capitano, no? – ci sembra di essere stati traditi, che il corpo ci abbia tradito. Sempre percepiamo una brusca interruzione della nostra vita, al centro della quale si situa ora improvvisamente la malattia.

La malattia come prova per eccellenza, come verifica radicale della Persona sui grandi temi del vivere e del morire: il corpo ci parla, e ci parla sempre, anche se le sue parole possono essere tremendamente difficili da ascoltare. La sofferenza tuttavia acuisce lo sguardo e ognuno di noi ha qualcosa da dire al proposito, qualche esperienza che l'ha segnato e che gli ha insegnato. Tu, caro lettore, vuoi farci dono della Tua testimonianza scrivendoci su questi temi? Le Tue parole daranno un senso alla nostra riflessione e ci incoraggeranno a proseguire.


Elisa Vigna