mercoledì 13 luglio 2016

L’ALTRO SONO IO (La bellezza di un incontro autentico)



E poi che la sua mano a la mia puose,
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose
Oggigiorno frequentiamo spesso luoghi nei quali gli individui si incrociano senza entrare in relazione, spinti dal desiderio di accelerare le operazioni quotidiane o di giungere più rapidamente altrove. E nel mondo attuale ci sono spazi in cui è particolarmente accentuato questo transito veloce senza incontri. L’antropologo Marc Augè (1992) ha coniato il neologismo “nonluogo” definendo con questo termine tutti quegli ambiti che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. Fanno parte dei nonluoghi, ad esempio, i mezzi di trasporto, i grandi centri commerciali, gli aereoporti, le autostrade; se ci imbattiamo in persone di nostra conoscenza in uno degli spazi sopra menzionati, in genere ci limitiamo al saluto o ci soffermiamo poco perché abbiamo fretta. Aggiungiamo alla velocità che ci fagocita ogni giorno, figlia di questi tempi , anche la rabbia, il senso di impotenza verso tutto quello che stiamo vivendo nel nostro amato Paese, e di cui la maggior parte di noi non è responsabile, in particolar modo se il nostro dovere lo abbiamo sempre fatto, se le tasse le abbiamo sempre pagate, se le leggi le abbiamo sempre rispettate. Aggiungiamo tutto il disagio della eccessiva materialità che stiamo vivendo perché spesso si sono superati i limiti, allargati i confini, spinti dal consumo fine a sé stesso, spinti dalla moda, al “fanno tutti così”.... Ogni giorno ci imbattiamo in molte persone, ma solo se vogliamo incontrare veramente qualcuno, dobbiamo volerlo fare ed impegnarci a farlo, spesso dovendoci fermare, spesso dovendo scegliere il “Kaìros”, ovvero il “tempo giusto”, nel rispetto reciproco, nostro e dell’altro. Ma che significa “incontrare” le persone? Ci accorgiamo dell’altra persona e la incontriamo davvero se cogliamo l’occasione dell’incontro, raccogliamo la nostra attenzione e ci dedichiamo a quel momento di condivisione. Durante la nostra vita, nel nostro quotidiano si ha l’occasione di incontrare molte persone: l’incontro può diventare, per chi lo coglie e lo accoglie, un’opportunità di crescita, un’opportunità di conoscere e incontrare in modo autentico altre persone, e... di incontrare sé stessi. L’altro è sempre una grande opportunità di incontrare sé stessi. Esistono incontri superficiali che poco ricordiamo o che ci hanno lasciato tracce minime e incontri che invece sono stati per noi fondamentali e trasformativi, nella gioia o nella sofferenza. Nel dizionario etimologico della lingua italiana si legge che la parola incontro deriva dal latino in e contra, col significato principale di trovare davanti a sé qualcosa o qualcuno, per caso o deliberatamente. Andando più a fondo del concetto e aggiungendo così valore e significato, incontrare l’altra persona è molto di più: significa anche accoglierla, offrirle la propria disponibilità, considerarla, ascoltarla attentamente e attivamente, riconoscerne non solo la faccia visibile che ci presenta e che ci permette di individuarla, ma anche quella più nascosta.

Per raggiungere l’obiettivo dell’incontro vero bisogna rivolgere uno sguardo non superficiale, ma attento ed amorevole verso l’umano, uno sguardo che riesca a notare i particolari, a cogliere le piccole cose e gli impercettibili accenni rivelatori di assonanze e diversità rispetto a noi, essendo, sempre consapevoli che quell’incontro è sicuramente occasione per imparare, si può ricevere e si può donare. Per incontrare davvero gli altri in modo autentico bisogna prima incontrare sé stessi. Per realizzare questo fondamentale obiettivo è necessario volerlo: bisogna raccogliere la nostra attenzione su noi stessi e camminare con i nostri pensieri, percorrendo luoghi dell’anima noti e consueti e affrontando sentieri sconosciuti. La lettura di alcuni testi di vari autori, in primis Jung, Adler, Hillman, e il raffronto tra i loro scritti, mi hanno permesso in modo particolare di soffermarmi a riflettere sulla mia relazione con gli altri esseri umani, su come si attua il mio incontro con gli altri, su come mi pongo nei confronti degli altri, sul significato della mia vita, sul mio contributo lavorativo alla società umana. Penso che più dei libri mi abbiano arricchito le persone e l’incontro autentico con loro. Mi ha indotto molto a riflettere su questo tema il discusso film di Ermanno Olmi “Centochiodi”(2007), dove un giovane ma già affermato professore di filosofia dell’Università di Bologna compie un gesto indubbiamente esagerato ed esecrabile, inchiodando dei libri preziosi ad un pavimento in legno e poi inscenando la sua morte per potersi allontanare e riflettere sulla sua vita, su tutti i libri che ha studiato in solitudine e superbia: egli ritrova l’autenticità dell’esistere intrecciando rapporti di amicizia con gente semplice e meno istruita, mettendo a frutto ciò che ha imparato sui libri condividendolo con gli altri, e permettendo agli altri di insegnare a lui. L’incontro con l’altro, in quanto diverso da me, mi costringe a ricordarmi l’essenziale del vivere, l’essenziale del rapporto con le persone. Credo che il significato che attribuiamo all’incontro con l’altro e la partecipazione a cui dobbiamo cedere nell’incontro reciproco ci permette di conoscere il significato della bellezza, dell’amore e di ogni altro valore della vita. Nell’incontro autentico con l’altro, nella trasformazione a cui si sceglie di abbandonarsi in favore dell’altro, nella disposizione totale a essere presente e ad accogliere, è presente l’amore, in una delle tante forme in cui si manifesta. Guardandomi intorno, incontrando le persone, leggendo, continuo a rafforzare e confermare il mio pensiero: l’incontro autentico con altre persone è fondamentale non solo per il pratico vivere quotidiano, ma anche per poter compiere appieno l’opera della vita: solamente attraverso gli altri, infatti, possiamo conoscere noi stessi, porci domande, attribuire senso e significato ai fatti della nostra vita al fine di trasformarli in esperienza, accoglierli, metterli a frutto per noi stessi e per la società umana.


Elena Tosatti