Chi siamo

L'associazione Cura e Cultura nasce a Loranzè il 1° gennaio 2006 da un gruppo di persone che ha imparato molte cose prendendosi cura del male di vivere in ogni sua forma, quale si soffre nel disagio psichico in senso lato fino alla disabilità tout court. 

Ha imparato che esso, mostrandoci in profondità e trasparenza i fondamenti del vivere, ce ne fa anche toccare con mano la fragilità. 

Ha imparato che la prossimità con il male di vivere in ogni sua forma ci permette di coglierne una profonda e sommessa voce di verità che può renderci migliori. 

Ha imparato che accogliere senza paura e con amore il male di vivere in ogni sua forma ha una profonda valenza politica, proprio così, politica, se la politica è l'arte del vivere insieme fra noi persone nella comunità sociale, poiché ristruttura in profondità il nostro modo di stare insieme aprendolo a una insostituibile pienezza del vivere quotidiano. 

Ha anche imparato che il male di vivere in ogni sua forma è sempre alleviato dalla bellezza, sia da quella delle grandi opere d’arte, sia da quella che qua e là balena nel piccolo fare quotidiano di ognuno. La cosiddetta grande arte trova la più profonda ragion d’essere nel rappresentare l’umano al di là del tempo e dello spazio, in modo che questi può rispecchiarsi, riconoscersi e orientarsi. La grande arte accompagna la persona a scoprire, a vivere più consapevolmente e a valorizzare la propria unicità riconoscendovi il suo modo personale, sempre prezioso e irripetibile, di declinare il grande tema dell’esistenza umana. Per queste ragioni la grande arte sviluppa una profonda valenza terapeutica. 

Cura e Cultura ricorre a questa valenza terapeutica nel volgere prioritariamente attenzione e impegno proprio laddove più si fatica a vivere, nella scommessa che l’accogliere e il prendersi cura del male di vivere in ogni sua forma si alimentino di cultura e generino a loro volta cultura. Si impegna per un fare culturale che aiuti l’uomo a essere più pienamente Umano, che ne propizi la manifestazione, che ne promuova la presenza. 

Cura e Cultura vede inoltre nel percorso riabilitativo la strada maestra affinché chi patisce il male di vivere in ogni sua forma trovi nella comunità sociale il giusto posto, quello che gli compete in conformità ai propri limiti, alle proprie possibilità e alle proprie capacità. Spostare i limiti, accrescere le possibilità, sviluppare le capacità: la sinergia di queste azioni è la finalità principe della azione riabilitativa di Cura e Cultura. 

In questa prospettiva Cura e Cultura ha finora sviluppato la sua azione lungo due direttrici complementari e di pari importanza, privilegiando della grande arte in questi anni il repertorio della grande musica occidentale:

  1. Fruizione della grande arte. Cura e Cultura organizza eventi di profilo culturale alto al tempo stesso intrinsecamente inclusivi del disagio e della disabilità, nella radicata convinzione che la grande arte sappia sempre accogliere, emanando amore, bellezza e verità, anche e soprattutto chi maggiormente fatica alleviandone il male di vivere. Un abisso spesso separa la grande arte  (molte volte relegata nel lusso) da coloro che non riescono a vivere, in fondo i suoi più immediati destinatari. Ma Beethoven, ormai completamente sordo, scrisse sulla prima pagina della partitura della sua opera forse più grande, la Missa solemnis op. 123: dal cuore, possa andare ai cuori. Cura e cultura si fa ponte, ponte che collega e unisce chi più intensamente soffre il mal di vivere con quanto di più bello ha saputo pensare e realizzare l’essere umano. E allora il pan degli angeli, la bellezza insieme a suo fratello amore, fluiscono attraverso questo ponte e vanno a sanare la ferita di chi ne ha disperato bisogno. Ogni evento di Cura e Cultura è un ponte sopra lo stigma che ancora separa il male di vivere dalla cosiddetta normalità. 
  2. Sviluppo dei mezzi espressivi, verbali e non, la cui mancanza è sovente un ingrediente importante del male di vivere, attraverso la pratica di quella che Cura e Cultura chiama la  piccola arte, altro momento essenziale del percorso riabilitativo rivolto finora soprattutto alla vocalità musicale. La piccola arte è quella di chi, accompagnato dai membri del Gruppo Voce  dell’associazione, esplora e scopre nell’attenzione alla carne e al respiro la propria vocalità, è  quella di chi cerca di liberare la propria voce vera. Scoprire la propria voce vera, la voce propria  e autentica, è scoprire e insieme affermare con gioia la presenza della persona. Solo la voce vera  del cantore, sempre bella perché vera, può e deve cantare la bellezza dell'esserci. La piccola arte   è quella di chi con costanza e umiltà, nei propri tempi e con i propri mezzi, prende confidenza  poco alla volta con la tecnica vocale, con il linguaggio musicale, con la notazione, con il  solfeggio. La piccola arte è quella di chi, avendo appreso qualche abilità o sviluppato qualche  capacità, la consolida immediatamente trasmettendola a chi ha più difficoltà. Il Gruppo Voce opera perché la bellezza, realizzata nella grande arte, illumini e orienti chi la insegue percorrendo i sentieri della piccola arte. Proprio in questo paziente percorso concrescono nella  persona le capacità espressive idonee a svelarne presenza e divenire: precisamente questa è la cerniera fra cura e cultura. Perché i mezzi espressivi sono il tramite con cui la persona si  presenta al mondo, vi interagisce modificandolo con la propria testimonianza, fatto questo già di ordine culturale. Il crescere dei mezzi espressivi è una cosa sola con il venire al mondo della  persona nella sua pienezza: sapersi esprimere riattiva il divenire incagliato nel male di vivere,  quali che siano le possibilità originarie della persona, permettendole di partecipare più  attivamente alla comunità sociale. Vita di relazione e divenire finalmente liberato le  permettono di autotrascendersi scoprendosi a se stessa istante per istante attraverso  l’esperienza, autotrascendersi che è una cosa sola con l’incessante venire al mondo della  persona, con il suo continuo creativo individuarsi alimentato dall’esperienza e dall’integrazione del nuovo che il mondo le offre.

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