E poi che la sua mano a la mia puose, con lieto volto, ond'io mi confortai, mi mise dentro a le segrete cose |
Un brutto colpo:
per chi, giovanissimo e con incredula coscienza degli orrori della
seconda guerra mondiale, ricevette dalle parole di Altiero Spinelli il sogno di
un’Europa unita e in pace;
per chi, nel 1985, vide adottare dai capi di Stato e di governo dei
paesi membri come inno ufficiale dell'Unione Europea l’Inno alla gioia, dal quarto movimento della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven;
per chi, con incredula ma questa volta gioiosa coscienza, nel novembre
1989 vide cadere il muro di Berlino e un anno dopo vide la riunificazione della
Germania;
per chi, poco dopo, vide cadere le frontiere con l’attuazione del
trattato di Schengen e la libera circolazione fra gli Stati Europei;
per chi, nel 2002, vide con gioia l’introduzione nella vita quotidiana
della moneta comune, l’euro.
14 luglio: Nizza.
Orrore. Con l’Isis vediamo con orrore (lo so, è una ripetizione, ma non
trovo altra parola …) ripresentarsi qualcosa che, illusi, speravamo di esserci
lasciati alle spalle con la fine dei totalitarismi del Novecento.
22 Luglio: Monaco.
Ancora orrore.
Ma prima il 13 novembre
scorso a Parigi, e poi il 23 marzo
scorso a Bruxelles, e poi altri piccoli (!) attentati, quasi quotidiani, gesti
di emulazione o forse no.
Il 23 luglio di prima mattina ci stavamo recando, con la piccola Adele
di 3 anni, a Pombia, per una lieta giornata con lei a scoprire gli animali.
Guidando sull’autostrada io tacevo pensando con angoscia ai fatti di Monaco
della sera prima, dei quali non si avevano ancora notizie precise, se non che
tre persone, allora sembravano ancora tre, in un’altra sparatoria avevano
ucciso diversi ragazzi. Ci fermammo in un autogrill per una piccola colazione
ed entrando in questo non luogo mi
accorsi con sorpresa che, diversamente da quanto mi era sempre capitato in
precedenza entrando in un non luogo,
non mi sentivo affatto in mezzo a estranei: quanti mi circondavano non mi erano
più estranei, non lo erano più, mi sembrava di stare in un grande noi, mi
sembrava di sentirmi e forse di essere più gentile e quasi più sorridente e
accogliente verso chiunque. Non so quanto di tutto ciò sia trapelato nel mio
comportamento, forse ben poco o forse nulla. Tuttavia quel vissuto di un grande
noi, l’attenuarsi almeno per un istante della malattia dei nostri tempi,
quell’individualismo sfrenato che trasforma l’altro in un estraneo, mi fece
bene, attenuò un poco l’angoscia per i fatti del giorno prima e mi rese più
serena la giornata.
Francesco si chiedeva angosciato alcune settimane fa: cosa ti è successo Europa? Lasciatemi
aggiungere: Svegliati, Europa, svegliati,
ricordati chi sei, prima che sia troppo tardi.
Eppure una risposta a quanto ci succede, c’è. Vi
riporto integralmente il Buongiorno
di Massimo Gramellini su La Stampa
del 17 novembre scorso:
Se ciò che chiamiamo Occidente ha un senso,
questo senso palpita nelle parole con cui Antoine Leiris si è rivolto su Facebook
ai terroristi che al Bataclan hanno ucciso sua moglie.
‹‹Venerdì sera avete rubato la vita di un
essere eccezionale, l'amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non
avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio saperlo. Voi siete anime
morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatto a sua
immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo
cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa
ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi
paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la
mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa.
L'ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti
e giorni d'attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come
quando mi innamorai perdutamente di lei più di dodici anni fa. Ovviamente sono
devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta
durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel
paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in
due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non
ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal
suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno, e poi
giocheremo come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo bambino vi farà
l'affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il
suo odio››.
Infine, per chiudere questa riflessione sofferta e meditata, vi propongo ancora queste considerazioni di Thomas Mann,
tratte da Le confessioni del cavaliere
d’industria Felix Krull, una magnifica Incompiuta
del grande tedesco che vi lavorò a più riprese per tutta la vita, riuscendo come
raramente altrove a coniugare delicatamente lievità e umorismo con profondità e
sapienza umana.
… Se si guarda l’amore con occhi nuovi, come fosse per la prima volta, quale cosa stupefacente e commovente ci si offre! Esso è né più né meno di un miracolo! Tutta l’esistenza, in fondo, presa nel suo complesso, è un miracolo, ma l’amore a mio giudizio è il più grande … la natura ha diviso e differenziato con cura un essere dall’altro … ma nell’amore la natura fa un’eccezione – molto strana se la si contempla con occhi nuovi … l’uomo vive isolato nella sua pelle, staccato dagli altri … vuole essere così distinto come è, vuole star solo ed in sostanza non vuol saperne degli altri. L’altro, ogni altro entro la sua pelle, gli è in sostanza ripugnante, e non ripugnante gli riesce in ultima analisi unicamente la sua stessa persona … La vicinanza fisica dell’altro, se troppo invadente, gli è insopportabile … [ma] interviene una cosa con cui la natura devia da quella sua situazione fondamentale … In che consiste questa deviazione della natura da sé stessa? Che cosa annulla, con grande stupore dell’universo, la distinzione fra una corporeità e l’altra, fra l’Io e il Tu? È l’amore. Una cosa di tutti i giorni, ma eternamente nuova e, veduta da vicino, né più né meno che inaudita …[nell’innamoramento] il bacio è l’inizio di tutto quanto segue, perché è la muta e stupefacente proclamazione che la vicinanza, massima vicinanza, illimitata vicinanza, la stessa vicinanza prima molesta sino a soffocarci, è divenuta invece sintesi di ogni desiderio. L’amore … attraverso agli amanti fa di tutto, tenta i mezzi estremi per rendere la vicinanza illimitata e perfetta, per portarla sino alla reale e totale unificazione di due vite distinte – il che peraltro, triste e grottesca verità, non gli riesce mai, malgrado ogni sforzo. Non può superare sino a tal punto la natura che, pur avendo istituito l’amore, si attiene per principio alla scissione. Che due diventino uno non accade fra amanti, accade al più fuori di loro, in un terzo, nel figlio, frutto dei loro sforzi.
…
L’amore … non
sta soltanto nell’innamoramento, nel quale cessa in modo stupefacente di
riuscir sgradevole la distinzione corporea. L’amore pervade il mondo intero con
delicate tracce ed allusioni della sua presenza. Quando lei all’angolo della
strada non dà soltanto un paio di centesimi al sudicio piccolo mendicante che
alza gli occhi verso di lei, ma gli passa una mano, anche non inguantata, sui
capelli, benché probabilmente pieni di pidocchi, e intanto gli sorride,
continuando poi il suo cammino più felice – che cos’è questo se non l’orma
delicata dell’amore? … quel passar la mano nuda sulla testa pidocchiosa del
monello, quel sentirsi più felice di prima è forse una manifestazione d’amore
più straordinaria che la carezza ad un corpo amato ... Gli uomini si danno la
mano – questa è cosa abituale, quotidiana, convenzionale, lo fanno senza
pensarci … senza sentimento, senza ricordare che è stato l’amore a creare
quest’abitudine; lo fanno, ma serbando i corpi a dovuta distanza – non troppo
vicini, per carità! Ma al di là della distanza e del sorvegliato isolamento
essi tendono le braccia e le mani estranee si ritrovano, s’intrecciano, si
stringono … E tutto questo non è nulla, è cosa comunissima, non ha importanza,
così si crede, così sembra. Ma in realtà, a guardar bene, questo entra
nell’ambito del meraviglioso, è una piccola festa della deviazione della natura
da sé stessa: è la rinuncia alla ripugnanza dell’estraneo per l’estraneo, è
l’orma dell’amore segreto e onnipresente.
Giorgio Moschetti