giovedì 11 dicembre 2014

NOI SIAMO BISOGNOSI DI BELLEZZA

E poi che la sua mano a la mia puose,
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose

Noi tutti siamo bisognosi di bellezza. Qualche volta in modo disperato, quando la sofferenza per anni ci sfigura, come capita a quanti di noi sono afflitti dal grande male mentale. La paura fa rifiutare il rischio del vivere, la passiva inerzia minimizza (almeno dovrebbe) la sofferenza: con queste due compagne, la vita diventa un'infinita minaccia dominata dalla categoria del brutto. È brutto sentire di non valere nulla, è brutto sentire di essere incapaci di tutto, è brutto fallire continuamente, è brutto rifugiarsi nel delirio, nel bere.

Ma riflettiamo un momento.

Il “malato”, come ognuno di noi, è un progetto. Ma è un progetto scomposto, irriconoscibile, disperso nel caos; tuttavia è al mondo, è spinto ciecamente dalla necessità di esserci. Si trova sulle spalle questo compito del vivere, che gli è piombato addosso senza chiedere il suo parere, e non sa come fare: è una presenza incastrata fra la necessità di essere al mondo – devo vivere, sono stato buttato nel mondo, la biologia del mio corpo lo reclama – e l’incapacità di farlo – ma non so come si fa, non mi ci raccapezzo ...

Il “malato”, come ognuno di noi, non solo è al mondo: è lui stesso un mondo, per sconquassato che sia, e come tale potrebbe sempre dirci qualcosa su questa avventura del vivere, che ci riguarda assai da vicino e di cui da sempre ci manca il libretto di istruzioni. È una Persona, è eccedenza di significato, è fonte inesauribile di valore che con la sola presenza può impreziosire il mondo, appena questi lo guardi con la lucida intelligenza dell’amore. Ogni lavoro la richiede, ma questo, il prendersi cura di coloro che vivono ai confini del vivere, la richiede, la pretende, la esige ancora di più.

Osservate per un momento, cara lettrice e caro lettore, come nei pressi della grande sofferenza mentale vadano a intrecciarsi amore, eccedenza di significato e necessità della presenza: questo intreccio ci avvicina all’esperienza della bellezza.

La bellezza: lasciamo per un istante il “malato”. Dove la troviamo, la bellezza?

Quando ne facciamo esperienza? Pensiamo alla generosità della grande arte, alla letteratura, alla musica, alla pittura ... Anche se non vi badiamo più di tanto nelle nostre giornate, essa, la grande arte, è così importante per la nostra vita che faticheremmo a pensarci senza. È entrata nel nostro linguaggio quotidiano senza che ce ne accorgessimo, l'ha costituito come il terreno che ci sostiene: non lo sappiamo, o lo dimentichiamo, ma ogni nostra esperienza passa attraverso il suo filtro. È sufficiente pensare a Dante? Per questo non ci è difficile comprenderne la necessità, della bellezza: non ci è necessaria la bellezza di quella Pietà che un Michelangelo – a ventitré anni, ven-ti-tré! – seppe pensare e scolpire?
Tante grandi opere, al pari di questa Pietà, continuano a distanza di secoli a parlarci, a significare per noi, continuano a dirci chi siamo e come siamo fatti, solo che ce ne ricordiamo. Ecco la loro eccedenza di significato.

Infine esse ci fanno stare bene, ci capiscono, ci amano. L'andante cantabile della Sinfonia k 551 non ci conferma, non ci fa sentire amati e accettati nel profondo? Non legge nella nostra profondità come solo l’amore profondo può fare? Quasi che il suo risuonare magnificasse dentro di noi ricchezze a noi stessi ignote, ci mostrasse cosa si può fare della sostanza umana, della nostra sostanza umana. Ah, ma se essere umani significa anche essere così come dice l'andante... accidenti, mica male ... ma allora ne vale la pena .. che bello ...

La bellezza: nelle nostre giornate fa capolino nel linguaggio senza che ce ne accorgiamo, quando esclamiamo “che bello!”, “che bella persona”, “che bellezza!” . Senza pensarci tanto salutiamo qualcuno e gli diciamo “ciao bella!”, “ciao bello!”. Forse questo significa: ho proprio piacere di vederti, la tua presenza tutte le volte significa qualcosa di più, è proprio importante che tu ci sia, è necessario, forse provo qualcosa di simile all’amore.
Se diciamo bella a una cara Persona, e lo diciamo a Mozart e a Michelangelo, una ragione ci sarà? Forse si tratta di esperienze per qualche verso affini?

Torniamo ai “malati”: dobbiamo imparare a vederli belli, i “malati” (e magari anche i “sani”). A immaginarne la bellezza nascosta dietro la sofferenza, quella bellezza che loro hanno dimenticato o non hanno mai visto. Dobbiamo saperli guardare con lo sguardo del mentore, o della madre amorosa, di coloro che sanno ravvisare le promesse nel seme.

Perché la loro immagine bella, quella che nascerà dalle nozze della loro realtà con la nostra anima, quella, quella essi vedranno nei nostri occhi, e sarà il loro farmaco, la loro guida al vivere.

Ma possiamo vederli belli solo se la bellezza soggiorna dentro di noi, se già il nostro sguardo ne è abituato. Noi siamo fortunati: siamo in Italia! Quell’Italia che custodisce una percentuale esorbitante delle opere d’arte di tutto il mondo! Quell’Italia che è stata nei secoli, ed è tuttora, considerata il paradiso della bellezza, dell’arte, del saper vivere e, non ultimo, del saper mangiare! L’Italia del Rinascimento fiorentino, del Poliziano, di quell'incredibile momento fra la fine del 1400 e l’inizio del 1500 che ha visto incrociarsi Leonardo e il giovane Michelangelo … l'Italia che nell'Ottocento ha regalato al mondo Giuseppe Verdi e nel Novecento Goffredo Petrassi e il Quartetto Italiano ...

La storia dell’arte è il catalogo dei fenomeni dell’anima. Proviamo a pensare che i classici al di là dello spazio e del tempo davvero parlino di noi, davvero parlino a noi, lasciamo da parte il ricordo annoiato di inutili anni di scuola. L’esperienza della bellezza sta proprio in questo, nel vedere rappresentata la nostra realtà umana illuminata dalla grazia, dalla profondità dello sguardo, dalla tenerezza. La bellezza ci capisce profondamente, ci legittima, perché è la più libera dimora dell’anima...




Giorgio Moschetti