mercoledì 14 maggio 2014

LA FIABA DELLE BABBUCCE DI ABU KASEM

E poi che la sua mano a la mia puose,
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose.

I mutamenti illuminano il passato e spiegano il futuro. Essi mostrano ciò che è nascosto 
e dischiudono ciò che è oscuro. 
I Ching

La fiaba delle babbucce di Abu Kasem mi fa da tempo riflettere. Credo sappia mettere in evidenza una delle maggiori difficoltà del nostro tempo e indicare la via che è in grado di restituire significato umano al mondo minacciato dal Male. In un momento collettivo di grande difficoltà bisogna ripensare il mondo con nuova attenzione al dialogo e alla solidarietà, intraprendendo la via del Mutamento. Nel percorrere questa via un prezioso aiuto ci è offerto dalle fiabe, che, come dichiara M.L. von Franz, offrono “un modello vitale incoraggiante, che agisce dall’inconscio riportando alla memoria tutte le possibilità positive della vita” (von Franz,1969 p.57). Le fiabe sanno andare “al di là delle differenze culturali e razziali. Il linguaggio della fiaba sembra essere il linguaggio internazionale di tutta l’umanità, di tutte le età e di tutte le razze e le civiltà” (von Franz, 1969 p.14). Il protagonista della nostra fiaba è il tipo più frequente da incontrare nella vita di ogni giorno – non solo nella Bagdad medievale – e per questo ritengo possa essere un modello operante anche per noi. Ma veniamo alla fiaba, poiché, come Jung afferma, è la fiaba la migliore spiegazione di una fiaba, dato che il suo significato è racchiuso nella totalità dei motivi connessi con la trama del racconto.

A Bagdad viveva Abu Kasem , un commerciante noto per la sua grande ricchezza e per quelle sue babbucce vecchie e logore che portava immancabilmente ai piedi, segno tangibile della sua avarizia. Un giorno, concluso un fortunato affare – aveva acquistato a poco prezzo da un mercante fallito una partita di ampolle preziose e una di essenza di rose – volle festeggiare andando ai bagni pubblici. Le sue babbucce sparirono nel vestibolo, al loro posto ne comparvero altre due che Abu Kasem indossò senza remore, pensando fosse il regalo di qualcuno. Quelle babbucce appartenevano al Cadì di Bagdad, anche lui ospite dei bagni, che fece imprigionare Abu Kasem, trovato con le mani nel sacco, anzi, con i piedi nelle babbucce nuove di zecca. E così le vecchie calzature tornarono ad Abu Kasem, dopo che egli ebbe pagato a caro prezzo la sua libertà. Adirato gettò allora le babbucce nel Tigri, ma esse furono pescate pochi giorni dopo da dei pescatori, rovinando le loro reti; questi, furibondi e delusi le scagliarono dentro una finestra aperta, la finestra dell’abitazione di Abu Kasem. Le babbucce atterrarono proprio sulla tavola dove erano state disposte le preziose ampolle riempite d’essenza profumata, mandandole in frantumi. Imprecando disperato, Abu Kasem decise di disfarsi di quelle maledette babbucce e pensò di sotterrarle nel suo giardino. Un vicino invidioso lo vide scavare e lo denunciò, poiché sia il terreno sia le cose che vi erano nascoste appartenevano al Califfo. Accusato e ritenuto colpevole, Abu Kasem dovette pagare un’ammenda, e si ritrovò nuovamente con le sue babbucce e il pensiero di liberarsene al più presto. Le buttò in uno stagno lontano, ma quello era la riserva d’acqua della città e le babbucce ne ostruirono il condotto. Vennero riconosciute come le logore babbucce di Abu Kasem e questo si ritrovò nuovamente in prigione e a pagare un’ammenda più gravosa delle precedenti. Dopo altre sventure, sentendosi un uomo finito, Abu Kasem supplicò il Cadì di non essere più ritenuto responsabile dei danni che le sue babbucce gli avrebbero continuato a creare. Il Cadì accettò la sua supplica e Abu Kasem imparò a caro prezzo quali danni possa procurare il non volersi cambiare abbastanza spesso le babbucce.

Come mostra il racconto, Abu Kasem è posseduto dal vizio della ricchezza-avarizia. Le babbucce costituiscono il suo tesoro, anche quando gli combineranno tanti guai. Sono l’immagine concreta della sua personalità conscia – la gente della città lo conosce come il ricco commerciante dalle vecchie, rattoppate e logore babbucce – e rappresentano gli impulsi del suo inconscio carico di desideri e di voglia di successo – è talmente legato alle sue calzature che queste, anche quando egli sembra volersene liberare, agendo autonomamente, ritornano procurandogli molti guai. È Abu Kasem stesso che combina a sé un’infinità di guai che iniziano dopo aver concluso un affare, l’acquisto di ampolle di cristallo e di essenza di rose. Viste simbolicamente, le ampolle potrebbero essere lo strumento dell’alchimista. Il cristallo è un materiale prezioso, simbolo di limpidezza e di purezza, è simbolo della saggezza e dei poteri misteriosi accordati all’uomo. La rosa rappresenta simbolicamente la coppa della vita, l’anima, il cuore e l’amore e designa una perfezione assoluta, la si può contemplare come un mandala e considerare come un centro mistico. Ma Abu Kasem considera l’affare solo per il suo valore economico e per il piacere che esso procura alla sua passione. Si gonfia, si sente forte e potente. Festeggia andando al bagno turco e lì accade la prima sventura a cui ne seguono altre. Egli, sempre più disperato, non si accorge che è la passione, che ancora lo tiene catturato in modo ossessivo, che gli fa incontrare quelle persone che sono funzionali ad accrescere il suo vizio, la sua sofferenza. È solo lui il responsabile della sua tragedia. Abu Kasem vive la mortificazione di trascinarsi qualcosa che lo imprigiona e lo distrugge, perché non sa come liberarsene. Nel suo agire non ha ascoltato la sua voce interiore. Si è lasciato trascinare dalla sua Ombra. Non è forse questa la condizione in cui si trova chi non riesce a crescere, a mutare, a diventare donna o uomo soddisfatti della propria età? Credo di sì e credo che ci si debba cambiare le scarpe più spesso. Non sarà semplice, per chi, invece di cambiarle, le ha troppe volte rattoppate e ha perso il contatto con la forza dell’anima. Eppure la via c’è ed è sempre possibile ritrovarla.

Abu Kasem, distrutto e senza denaro, ma ancora inseguito dalle logore babbucce che non lo vogliono lasciare, si rivolge al Cadì e lo supplica di non ritenerlo più responsabile dei danni che esse avrebbero continuato a creare. Il Cadì accetta e per Abu Kasem si accende una nuova luce: comprende che tutti i guai nei quali è incappato sono nati dal non aver cambiato spesso le babbucce. Incomincia a patire per la sconfitta e attraverso il dolore e la sofferenza si dispone a ricercare la via del Mutamento. Dai sogni e dalle intuizioni potrà ricevere i messaggi per un’esperienza più profonda e, deo concedente, scoprire il Mistero della sua vita, così che le ampolle di cristallo con l’essenza di rose possano trasformarsi in lui e diventare messaggio di trasparenza, saggezza e amore.

Andrea Montagnini

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