lunedì 22 agosto 2016

RIFLESSIONI SU TEMPI DOLOROSI




E poi che la sua mano a la mia puose,
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose
 







 23 giugno: Brexit.
Un brutto colpo:
per chi, giovanissimo e con incredula coscienza degli orrori della seconda guerra mondiale, ricevette dalle parole di Altiero Spinelli il sogno di un’Europa unita e in pace;
per chi, nel 1985, vide adottare dai capi di Stato e di governo dei paesi membri come inno ufficiale dell'Unione Europea l’Inno alla gioia, dal quarto movimento della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven;
per chi, con incredula ma questa volta gioiosa coscienza, nel novembre 1989 vide cadere il muro di Berlino e un anno dopo vide la riunificazione della Germania;
per chi, poco dopo, vide cadere le frontiere con l’attuazione del trattato di Schengen e la libera circolazione fra gli Stati Europei;
per chi, nel 2002, vide con gioia l’introduzione nella vita quotidiana della moneta comune, l’euro.

14 luglio: Nizza.
Orrore. Con l’Isis vediamo con orrore (lo so, è una ripetizione, ma non trovo altra parola …) ripresentarsi qualcosa che, illusi, speravamo di esserci lasciati alle spalle con la fine dei totalitarismi del Novecento.

22 Luglio: Monaco.
Ancora orrore.

Ma prima il 13 novembre scorso a Parigi, e poi il 23 marzo scorso a Bruxelles, e poi altri piccoli (!) attentati, quasi quotidiani, gesti di emulazione o forse no.
  
Il 23 luglio di prima mattina ci stavamo recando, con la piccola Adele di 3 anni, a Pombia, per una lieta giornata con lei a scoprire gli animali. Guidando sull’autostrada io tacevo pensando con angoscia ai fatti di Monaco della sera prima, dei quali non si avevano ancora notizie precise, se non che tre persone, allora sembravano ancora tre, in un’altra sparatoria avevano ucciso diversi ragazzi. Ci fermammo in un autogrill per una piccola colazione ed entrando in questo non luogo mi accorsi con sorpresa che, diversamente da quanto mi era sempre capitato in precedenza entrando in un non luogo, non mi sentivo affatto in mezzo a estranei: quanti mi circondavano non mi erano più estranei, non lo erano più, mi sembrava di stare in un grande noi, mi sembrava di sentirmi e forse di essere più gentile e quasi più sorridente e accogliente verso chiunque. Non so quanto di tutto ciò sia trapelato nel mio comportamento, forse ben poco o forse nulla. Tuttavia quel vissuto di un grande noi, l’attenuarsi almeno per un istante della malattia dei nostri tempi, quell’individualismo sfrenato che trasforma l’altro in un estraneo, mi fece bene, attenuò un poco l’angoscia per i fatti del giorno prima e mi rese più serena la giornata. 

Francesco si chiedeva angosciato alcune settimane fa: cosa ti è successo Europa? Lasciatemi aggiungere: Svegliati, Europa, svegliati, ricordati chi sei, prima che sia troppo tardi.

Eppure una risposta a quanto ci succede, c’è. Vi riporto integralmente il Buongiorno di Massimo Gramellini su La Stampa del 17 novembre scorso:

Se ciò che chiamiamo Occidente ha un senso, questo senso palpita nelle parole con cui Antoine Leiris si è rivolto su Facebook ai terroristi che al Bataclan hanno ucciso sua moglie.
‹‹Venerdì sera avete rubato la vita di un essere eccezionale, l'amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatto a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa.
L'ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d'attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di dodici anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno, e poi giocheremo come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo bambino vi farà l'affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio››.

Infine, per chiudere questa riflessione sofferta e meditata, vi propongo ancora queste considerazioni di Thomas Mann, tratte da Le confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull, una magnifica Incompiuta del grande tedesco che vi lavorò a più riprese per tutta la vita, riuscendo come raramente altrove a coniugare delicatamente lievità e umorismo con profondità e sapienza umana.   

Se si guarda l’amore con occhi nuovi, come fosse per la prima volta, quale cosa stupefacente e commovente ci si offre! Esso è né più né meno di un miracolo! Tutta l’esistenza, in fondo, presa nel suo complesso, è un miracolo, ma l’amore a mio giudizio è il più grande … la natura ha diviso e differenziato con cura un essere dall’altro … ma nell’amore la natura fa un’eccezione – molto strana se la si contempla con occhi nuovi … l’uomo vive isolato nella sua pelle, staccato dagli altri … vuole essere così distinto come è, vuole star solo ed in sostanza non vuol saperne degli altri. L’altro, ogni altro entro la sua pelle, gli è in sostanza ripugnante, e non ripugnante gli riesce in ultima analisi unicamente la sua stessa persona … La vicinanza fisica dell’altro, se troppo invadente, gli è insopportabile … [ma] interviene una cosa con cui la natura devia da quella sua situazione fondamentale … In che consiste questa deviazione della natura da sé stessa? Che cosa annulla, con grande stupore dell’universo, la distinzione fra una corporeità e l’altra, fra l’Io e il Tu? È l’amore. Una cosa di tutti i giorni, ma eternamente nuova e, veduta da vicino, né più né meno che inaudita …[nell’innamoramento] il bacio è l’inizio di tutto quanto segue, perché è la muta e stupefacente proclamazione che la vicinanza, massima vicinanza, illimitata vicinanza, la stessa vicinanza prima molesta sino a soffocarci, è divenuta invece sintesi di ogni desiderio. L’amore … attraverso agli amanti fa di tutto, tenta i mezzi estremi per rendere la vicinanza illimitata e perfetta, per portarla sino alla reale e totale unificazione di due vite distinte – il che peraltro, triste e grottesca verità, non gli riesce mai, malgrado ogni sforzo. Non può superare sino a tal punto la natura che, pur avendo istituito l’amore, si attiene per principio alla scissione. Che due diventino uno non accade fra amanti, accade al più fuori di loro, in un terzo, nel figlio, frutto dei loro sforzi.
L’amore … non sta soltanto nell’innamoramento, nel quale cessa in modo stupefacente di riuscir sgradevole la distinzione corporea. L’amore pervade il mondo intero con delicate tracce ed allusioni della sua presenza. Quando lei all’angolo della strada non dà soltanto un paio di centesimi al sudicio piccolo mendicante che alza gli occhi verso di lei, ma gli passa una mano, anche non inguantata, sui capelli, benché probabilmente pieni di pidocchi, e intanto gli sorride, continuando poi il suo cammino più felice – che cos’è questo se non l’orma delicata dell’amore? … quel passar la mano nuda sulla testa pidocchiosa del monello, quel sentirsi più felice di prima è forse una manifestazione d’amore più straordinaria che la carezza ad un corpo amato ... Gli uomini si danno la mano – questa è cosa abituale, quotidiana, convenzionale, lo fanno senza pensarci … senza sentimento, senza ricordare che è stato l’amore a creare quest’abitudine; lo fanno, ma serbando i corpi a dovuta distanza – non troppo vicini, per carità! Ma al di là della distanza e del sorvegliato isolamento essi tendono le braccia e le mani estranee si ritrovano, s’intrecciano, si stringono … E tutto questo non è nulla, è cosa comunissima, non ha importanza, così si crede, così sembra. Ma in realtà, a guardar bene, questo entra nell’ambito del meraviglioso, è una piccola festa della deviazione della natura da sé stessa: è la rinuncia alla ripugnanza dell’estraneo per l’estraneo, è l’orma dell’amore segreto e onnipresente.


Giorgio Moschetti

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