mercoledì 11 giugno 2014

LA FELICITA' DEL NUOVO

E poi che la sua mano a la mia puose,
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose
Un po’ titubante inizio a scrivere questo articolo: sono una giovane laureanda in psicologia cui è stato chiesto, caro lettore, di condividere con te alcune riflessioni ed emozioni. Se da un lato i timori di non riuscire nel mio intento non mi abbandonano, dall’altro sento il forte desiderio di affrontare con te questa nuova esperienza. Perché questo mio desiderio di riflettere sul nuovo? Forse per i cambiamenti, inevitabili portatori di gioia e sofferenza, che soprattutto in questo periodo mi trovo ad affrontare?

Nascere, crescere… invecchiare: è un lungo tragitto. E sappiamo bene quanto in certi casi possa essere faticoso e difficile. Roberta De Monticelli ci ricorda che Agostino per primo pensò il tempo dell’uomo come continua genesi del nuovo. La vita è continuo divenire: un fiume che scorre incessantemente. E il nuovo è ciò che sempre ci si pone davanti, accogliente o minaccioso: quel masso più o meno grande a cui possiamo permettere di bloccarci, oppure che possiamo scegliere di aggirare, di spostare o di saltare. Qualche volta il nuovo ci sembra un ostacolo, qualche volta un dono, qualche volta entrambe le cose.

Certo ogni tanto siamo tentati di rifiutarlo, il nuovo. Certo è una soluzione che desta meno terrore di altre, che spaventa di meno, che sembra tranquillizzarci. Ma questo non vuol dire che faccia soffrire di meno: al di là delle apparenze immediate otteniamo solo dei falsi vantaggi. Perché accogliere il nuovo significa metterci in gioco, e questo ci può costare caro, significa lasciare la strada vecchia per la nuova, e questo è un rischio che tante volte abbiamo paura di correre: d'altronde il fiume della vita nel suo fluire, incurante delle nostre scelte arriverà al mare, quella sarà la meta. Che senso ha, dunque, parlare di felicità del nuovo, se il nuovo ci fa anche soffrire? Non dovrei parlare solo dei suoi aspetti positivi? Un passo alla volta: prima della fine di questo breve articolo spero di riuscire a spiegare cosa intendo.

Cosa ti viene in mente, caro lettore, pensando al nuovo? Io mi ritrovo a pensare a quello che per me è il nuovo per eccellenza: la Nascita. Al momento dell’entrata nel mondo tutto è nuovo come non possiamo neanche immaginarci. E infatti la nascita è anche la prima esperienza di angoscia: dover respirare per la prima volta, per la prima volta non essere più un’unica cosa con la mamma ... Quanti forti rumori che spaventano e che avevamo sempre sentito così lontani e ovattati! E pensa alle madri: se possono ben descrivere la felicità del mettere al mondo, allo stesso tempo ne conoscono bene la sofferenza.
Ma il nuovo ci viene incontro anche nei diversi ruoli che ci tocca assumere nel nostro vivere. Pensa ai nuovi contesti a cui spesso dobbiamo adattarci, ai cambiamenti nel lavoro, spesso accolti con timore, magari mescolato a curiosità.

Ma questo nuovo, di cui sto parlando, non è solo là fuori, non è solo la varietà e novità del mondo esterno. È anche quel divenire psichico che è dentro ognuno di noi, nel nostro mondo interiore: il nuovo viene anche da dentro, dai nostri sogni di ogni notte! Nel divenire psichico ci sono infatti i tratti di quello che saremo domani. Se appena gli diamo un po' di attenzione, il divenire psichico dentro di noi ci apre tutto il ventaglio delle nostre possibilità future e per questo possiamo vedere nel nuovo una risorsa, una ricchezza. Mille volte abbiamo guardato quella persona, e a un certo punto ci appare improvvisamente in una luce diversa, vediamo cose di lei che avevamo sempre avuto sotto gli occhi ma delle quali non c'eravamo mai accorti! Torniamo a casa dopo una vacanza, e il luogo in cui viviamo ogni giorno, la nostra stessa quotidianità ci appaiono diversi. Questo intendo quando scrivo che il nuovo viene anche da dentro: sono i cambiamenti in noi indotti dalla vacanza a farci scoprire casa nostra come nuova.

Termino con un'ultima considerazione: non dobbiamo porci nei confronti del nuovo in una posizione d’accettazione passiva, non dobbiamo limitarci distrattamente ad aspettare che avvenga. Ricordiamo invece quanto scrisse Agostino d’Ippona.: l’uomo fu creato perché si desse il nuovo. Per accedere alla pienezza della presenza ci è necessario e indispensabile accoglierlo positivamente, il nuovo, e integrarlo in noi stessi. Sta a noi, dipende da noi, riuscire a provare la felicità del nuovo!


Claudia Fè

Nessun commento:

Posta un commento